Intervista a Silvia Vecchini


Vive in Umbria, in un paesino immerso nella campagna vicino al lago Trasimeno. Ha tre bambini. Ha studiato Lettere all’Università di Perugia coltivando la passione per la poesia e la scrittura.
Le piace la creatività in tutte le sue forme. Ha ideato materiali per musei e sussidi per la scuola. Progetta giochi per i più piccoli, scrive libri per bambini e ragazzi collaborando con diverse case editrici (Piemme, Giunti, San Paolo, Emi, Edumond, Edizioni Corsare, Il Pozzo di Giacobbe e altri). Tiene laboratori di lettura e incontri per bambini curiosi in libreria, in biblioteca e a scuola.




1 Come mai ha deciso di scrivere per i bambini e i ragazzi?

Ho sempre desiderato scrivere libri per bambini e quando mi è stata data la possibilità di farlo non ho più smesso. È il lavoro che amo e voglio fare e nel quale mi accompagnano i miei tre figli, le loro scoperte, i problemi, le curiosità, ma anche i bambini che incontro e il vivere quotidiano con le sue possibilità... così creative!

2 Che genere di storie le piace inventare?

Storie che partano da una mia passione o ricerca. Ad esempio in Dante e il circolo segreto dei poeti sono stata felicissima di inventare una storia che avesse come giovane protagonista il mio poeta preferito in assoluto. Oppure Papà in Antartide per il quale ho tenuto per diversi mesi una corrispondenza con un medico impegnato nella Spedizione Italiana in Antartide. O i romanzi per ragazzi Rabbunì e Miryam in cui ho potuto mettere a frutto la mia passione per i temi biblici.

Altre storie nascono dal confronto e dal gioco con mio marito Antonio Vincenti, fumettista, autore e illustratore. Insieme a lui ho pubblicato diversi libri per bambini e creato un personaggio a fumetti che ogni mese vive la sua avventura tra le pagine del Gbaby.

3 Ci racconta quando scrive, il suo tavolo da lavoro e se preferisce la carta o il pc?

Man mano che la storia nasce il mio tavolo (che in realtà è un'unica lunga postazione che inizia con la mia scrivania, ha al centro due mac e termina con il tavolo da disegno di Antonio) si riempie di libri, articoli, ritagli, disegni o fotografie. Si arriva a un punto di caos totale. In questa fase scrivo su taccuini a penna, a matita. Quando poi la scrittura vera e propria prende il via, allora il disordine diminuisce e la chiarezza della videoscrittura mi aiuta. Basta fare due passi per incontrare il mio primo lettore, chino su un disegno, alle prese con matite e colori.

4 Ci sono delle consuetudini, situazioni o atmosfere che cerca di ritrovare o ricreare perché aiutano il suo processo creativo?

No, niente in particolare. Anche perché, per la mia esperienza, non è così controllabile.

Una cosa però la faccio: vado alla ricerca di momenti di silenzio... che con tre bambini non sono così scontati. Apprezzo ogni pausa, persino un breve tragitto in auto da sola.

Poi, quando sono già “dentro”la storia, mi piace ascoltare musica collegata in qualche modo a ciò che sto raccontando.

5 Le è mai capitato di sognare il personaggio di una sua storia?

Sì molto spesso accade. Soprattutto nella fase iniziale della stesura, quando ancora i personaggi non hanno un percorso in qualche modo tracciato dalla trama ma sto scegliendo tra varie possibilità.

6 Sta lavorando a qualcosa in questo periodo?

A due storie. La prima è la sceneggiatura di un graphic novel che uscirà per Tunué e si intitolerà Fiato sospeso. In realtà ormai Antonio è già passato al disegno ma seguo lo sviluppo del lavoro con molta curiosità. È bello vedere come i personaggi prendano vita recitando e interagendo tra loro e come descrizioni, dettagli, atmosfere si trasferiscano sulle tavole.

L'altra storia a cui sto lavorando è un romanzo in cui si respira un'aria un po' magica portata dalla sapienza delle leggende ebraiche... Per ora non posso dire di più!

7 C’è qualcosa che vorrebbe lasciar detto in questa intervista?
   Una riflessione, un pensiero, un messaggio, ciò che preferisce, ci dica.

Quello che un personaggio della storia che sto scrivendo dice al protagonista: Ogni uomo è chiamato a portare qualcosa a compimento nel mondo. In realtà è una frase di rabbi Baruc di Mesbiz. Mi piace perché presuppone la ricerca del proprio percorso personale.


Il blog dell'autrice http://laparolamagica.blogspot.com/

Se qualcuno, per qualsiasi motivo, volesse utilizzare anche solo in parte l’intervista presente in questo post, dovrà chiedere esplicita autorizzazione all’autore che ha fornito le risposte.


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