Intervista a Maria Vago
Maria Vago vive in provincia di Como.
Dopo essersi laureata in Pedagogia, si è specializzata in giornalismo.
Ha insegnato per più di dieci anni; poi per altri dieci circa ha diretto il mensile per bambini Ciao Amici e, dopo la chiusura della testata, si dedica a tempo pieno alla scrittura.
È autrice di molti libri per bambini: albi illustrati, raccolte di racconti, brevi romanzi per lettori della fascia 5-10 anni.
Come mai ha deciso di scrivere per bambini e ragazzi?
Io in realtà avevo deciso di occuparmi di libri per ragazzi da lettrice, visto che continuavo a leggerli con interesse e piacere nonostante l’età non corrispondesse da molto tempo a quella consigliata in quarta di copertina. Mi sono laureata in Pedagogia con una tesi sulla narrativa d’avventura e avevo iniziato delle collaborazioni con l’editoria e il giornalismo per ragazzi. Un giorno Roberta Grazzani, responsabile della collana Le caravelle di Vita e Pensiero Ragazzi - collana ormai “affondata” - mi invitò a provare a produrre a mia volta. Ascoltai il suo suggerimento e il risultato fu il mio primo libro: I pirati della Sirenotta. Che emozione, che soddisfazione! Non ho più smesso.
Che cosa le piace della scrittura?
Mi piace l’intreccio di libertà e vincolo che ogni volta sperimento, la sensazione di essere sciolta da ogni legame che non sia la mia fantasia e insieme il sentire che ci sono comunque delle catene che un po’ imprigionano e un po’ sostengono. Insomma, faccio quello che voglio ma insieme mi inchino a forze superiori: gli imperativi della logica per esempio, che mi mettono alla prova, mi costringono a inventare strategie, a risolvere dei problemi. Mi piace anche il raccoglimento a cui la scrittura costringe; tuffarmi dentro un mondo così finto eppure così vivo che cancella il presente e piega ai suoi ritmi persino lo scorrere del tempo reale.
C’è un luogo dove preferisce scrivere? Scrive direttamente al PC o sulla carta?
Mi piace scrivere all’aperto, nella bella stagione ovviamente. Posso sopportare per ore lo scomodo schienale di un tronco, pur di scrivere seduta ai piedi di un albero. Spesso mi attrezzo con una sedia da spiaggia… Il più delle volte però siedo banalmente alla mia scrivania. Revisioni e riletture mi riescono anche in treno, se il percorso è noto o abbastanza lungo da non esigere che stia in allerta per non lasciarmi scappare la stazione di arrivo (un’eventualità che trovo angosciante).
A me piace molto il gesto della mano che impugna la penna e lascia la sua traccia sulla carta. Mi aiuta a concentrarmi e a inventare… Purtroppo ho riempito così tanti fogli che ho consumato la cartilagine tra due ossicini del pollice. Scrivere era diventato difficile e doloroso. L’anno scorso sono stata operata e la situazione è migliorata, ma… ma la mano non è più la stessa. Oggi scrivo quasi sempre al computer; mi sono abituata e riconosco che ha dei vantaggi.
Ha delle abitudini che aiutano il suo processo creativo?
Non ho abitudini che aiutino la creatività; piuttosto delle piccole manie, gesti che compensano la tensione che evidentemente il momento, per quanto piacevole, comporta. Chi mi conosce lo capisce subito quando sono nella fase creativa perché mi tormento i capelli (ci riesco nonostante siano corti) e spesso sgranocchio grissini, crostini, tocchetti di pane raffermo… Per la gioia, quando sono all’aperto, delle formiche del posto, che quel giorno fanno un ottimo raccolto di briciole.
Quando nasce un nuovo racconto?
Quando diventa urgente (a volte ci vogliono mesi, anni!) rivestire di parole un’idea che abita la mente allo stato di impressioni, immagini, sensazioni… Sono pigra e spesso covo le storie a lungo nella loro forma d’embrione appena accennato per non affrontare la fatica della definizione attraverso parole precise, strutture linguistiche, meccanismi narrativi che devono “funzionare”. Oppure quando lo sollecita una commissione. L’argomento dato e la data di consegna sono una spinta che mi mette in moto diligentemente e di solito con risultati soddisfacenti.
Qual è il racconto che spera un giorno di riuscire a scrivere? Quello che sente vorrebbe raccontare e spera di essere in grado di tirar fuori.
Mi piacerebbe riuscire a scrivere una storia che faccia pensare e insieme divertire; che passi da una situazione all’altra in maniera un po’ sorprendente; con personaggi che i lettori riconoscano come se li avessero già conosciuti da qualche parte e che poi non dimenticassero più. Il libro che io stessa vorrei leggere, insomma.
Solitamente in quanto tempo è pronto un suo libro?
Dipende da quanto è lungo il libro e da quanto tempo mi lasciano altri impegni. In genere credo di non essere molto veloce, però una volta fatta la prima stesura correggo poco.
A che cosa sta lavorando in questo periodo?
A una raccolta di racconti su un tema dato: le feste di compleanno. Confesso che sto procedendo piuttosto faticosamente. Sullo sfondo, un storia ambientata nella preistoria, un tempo che mi affascina e mi sollecita.
C’è qualcosa che vorrebbe lasciar detto in questa intervista? Una riflessione, un pensiero, un consiglio da condividere…
Se i destinatari sono dei bambini, il consiglio (che do sempre anche quando li incontro in scuole e biblioteche) è di diventare dei ladri. Ladri di parole, idee, immagini, suoni, colori… Acchiappate tutto quello che trovate nel mondo che vi sta intorno e, soprattutto, nei libri belli! Ce ne sono tanti: leggeteli e immagazzinate, così avrete un deposito a cui attingere per scrivere o semplicemente (per modo di dire) inventare e pensare.
Se i destinatari sono degli adulti, che magari pensano di diventare scrittori per bambini, il consiglio è di non scoraggiarsi (la concorrenza è tanta e gli spazi pochi) e di non avere fretta. E di cercare soddisfazione nella creatività dell’invenzione e nel lavorio della scrittura prima che nella pubblicazione. Così non avrete comunque perso tempo.
Se qualcuno, per qualsiasi motivo, volesse utilizzare anche solo in parte l’intervista presente in questo post, dovrà chiedere esplicita autorizzazione all’autore che ha fornito le risposte.
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