Intervista a Guido Quarzo



Guido Quarzo è nato a Torino, dove vive e lavora. Laureato in pedagogia, ha lavorato per molti anni nella scuola elementare sia come insegnante sia come formatore. Si è occupato in modo particolare di teatro per ragazzi, scrivendo testi, organizzando laboratori e spettacoli, ed impegnandosi nell'insegnamento della scrittura creativa. Dal 1989 ha iniziato a pubblicare testi per bambini e ragazzi sia in poesia che in prosa. Nel 1995 ha vinto il premio Andersen. Nel 1999 ha lasciato l'insegnamento per dedicarsi completamente alla scrittura.


Come mai ha deciso di scrivere per i bambini e i ragazzi?
Ho sempre lavorato con bambini dai sei agli undici anni, come insegnante elementare. La mia scrittura nasce in quel contesto. Raccontare storie ai bambini (e raccogliere narrazioni dai bambini) è stata una questione di sopravvivenza.


Ha mai sognato un personaggio che aveva inventato per una sua storia?
No, mai.


Ci racconta quando scrive, il suo tavolo da lavoro e se preferisce la carta o il pc?
Ho sempre preferito la scrittura a mano, su vecchi quaderni o agende recuperate. Da un po' di tempo ho preso maggior dimestichezza con il computer. Naturalmente possiedo ancora la mia prima “lettera 22”. La usavo per la “bella copia” dei miei primi lavori: un originale e due copie carbone...


Ci sono delle consuetudini, situazioni o atmosfere che cerca di ritrovare o ricreare perché aiutano il suo processo creativo?
L'unica condizione indispensabile è di trovarmi in una situazione di relativa serenità d'animo. Diversamente non riesco a concentrarmi nel modo necessario alla scrittura.


Quando nasce un nuovo racconto?
Quando mi imbatto in una situazione o in un personaggio che, pur appartenendo al mondo reale, sembrano usciti da un libro.

Alcuni affermano che la letteratura per i ragazzi è di serie B. Cosa rispondere a chi la pensa così?
Mi interesserebbe rispondere solo se si trattasse di una persona in qualche modo coinvolta nella diffusione del libro e nella promozione della lettura (libraio, bibliotecario, insegnante, giornalista). In questo caso, suggerirei di aggiornarsi sullo stato dell'arte, perché un'opinione di questo tipo non aiuta certo a formare una generazione di lettori.

C’è qualcosa che vorrebbe lasciar detto in questa intervista?
Una riflessione, un pensiero, un messaggio, ciò che preferisce, ci dica.

Vorrei fare pubblicità a un libro che non esiste più. Mi piacerebbe che qualcuno ristampasse “Saltapicchio e Lumachino” di Augusto Piccioni (Momus): un delizioso esempio di letteratura di serie B.


Se qualcuno, per qualsiasi motivo, volesse utilizzare anche solo in parte l’intervista presente in questo post, dovrà chiedere esplicita autorizzazione all’autore che ha fornito le risposte.





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