Biennale 2017 Padiglione del Libano
L’Opera che ho trovato
particolarmente emozionante alla Biennale di Venezia 2017 è quella del libanese Zad
Moultaka, all’arsenale. Si entra in un padiglione completamente buio, chi ti riceve
ti dice che puoi camminare tranquilla perché lo spazio è libero, oppure puoi
sederti.
Il buio è totale. Dopo un periodo
di silenzio, si comincia a sentire un canto, solo due voci. È
una preghiera per scongiurare l’apocalisse, l’antico inno a ŠamaŠ, il dio
babilonese del sole e della giustizia, che si trova su un’alta stele nera
incisa 4000 anni fa, considerata la prima tavola della legge. Al centro c’è un
motore a reazione, simbolo della rovina del mondo.
L’immenso padiglione si illumina,
molto lentamente, prima su una parete, cosparsa di quelle che sembrano
stelle scintillanti. In realtà sono 150.000 monete, simbolo del Vello d’oro. Poi
via via, per gradi, l’ambiente intero viene investito dalla luce.
Ci sono state altre opere che ho
apprezzato molto, ma questa mi ha proprio commossa. Potrei tornare a rivedere
l’arsenale solo per questo.
Quando si muore, forse succede
così. Comunque sia in quel padiglione ho visto come secondo me dovrebbe essere
Dio. Appare nell’oscurità in cui mi trovo e con un canto a voce bassa ma
potente, commovente, accogliente, illumina tutto in modo che io possa
finalmente vedere ciò che ora non vedo.
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