Intervista a Francesca Capelli



Sono nata a Bologna, mi sono diplomata al liceo linguistico e ho una laurea in Scienze politiche. Leggere e scrivere sono da sempre la mia passione e quando avevo 7 anni ho deciso che ne avrei fatto un lavoro vero.

Ho “fondato” il mio primo giornale a 9 anni (facevo tutto io – direzione, redazione, grafica, stampa… - e lo leggevano solo i miei parenti), ma ho iniziato a fare sul serio quando sono entrata all’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano. Dopodiché ho lavorato in varie redazioni a Milano: Reuter’s (agenzia di stampa), Grazia, L’Unità, Newton. E dal 2000 ho scelto di diventare giornalista indipendente. Anche perché nel frattempo avevo scoperto una cosa ancora più divertente: scrivere per i ragazzi.

Il mio primo libro, “La macchina uomo” (Dami), è stato pubblicato nel 1998.

Nel 2001 ho fondato Ragazzinet.it. Dal 2004 ho ripreso a scrivere libri per ragazzi: educational, fiabe, storie di attualità. Traduco anche romanzi, sempre per ragazzi, da francese, inglese e spagnolo. Ho l’onore di aver tradotto il secondo e il terzo volume della trilogia di “Tata Matilda” (San Paolo) e i romanzi di Anne-Laure Bondoux pubblicati in Italia da San Paolo.

Sono una fan di Harry Potter, naturalmente. I miei scrittori per ragazzi preferiti sono Roald Dahl, Jacqueline Wilson, Gérard Moncomble, Michael Morpurgo, Philip Pullman, Eva Ibbotson. Tra gli italiani, mi piacciono molto Beatrice Solinas Donghi, Guido Sgardoli, Silvana Gandolfi e Annalisa Strada.

Sono golosa di cioccolato, soprattutto al peperoncino.







Come mai ha deciso di scrivere per i bambini e i ragazzi?

Ho imparato a leggere a 3 anni e da sempre sono una divoratrice di libri (oltre che di cioccolato). Ho deciso che avrei fatto della scrittura (e della lettura, le due cose per me sono indissolubili) un mestiere quando ancora andavo alle elementari, anche se all’epoca non sapevo esattamente cosa avrei scritto. Ho fatto la giornalista per molti anni e continuo tutt’ora. Poi, per caso, ho iniziato a scrivere degli educational in campo ambientale. E da lì sono passata alla narrativa. Ma se il senso della domanda è perché scrivo per i ragazzi e non per gli adulti, beh, la riposta è semplice: mi diverte di più.

A che tipo di storie preferisce dedicarsi?

Realistiche, decisamente. Anche se sono una lettrice, sebbene non accanita, di fantasy. Ma mi piace scrivere storie che abbiano attinenza con la realtà, che ci offre talmente tanti spunti da superare sempre la fantasia.

Ci racconta quando scrive, il suo tavolo da lavoro, e se preferisce la carta o il pc?

Il mio tavolo da lavoro è coperto di carta: appunti, libri, quaderni. Scrivo al computer, perché mi dà la possibilità di rileggere, correggere e ricorreggere in fretta e tutte le volte che voglio. Ma quando ho il blocco dello scrittore mi sposto dalla scrivania e mi sdraio per terra con penna e taccuino in mano, alla ricerca dell’ispirazione.

Ci sono delle consuetudini, situazioni o atmosfere che cerca di ritrovare o ricreare perché aiutano il suo processo creativo?
Lavoro bene nella confusione, ho sempre la radio accesa e sono circondata da pile di libri e appunti

Sta lavorando a qualcosa di nuovo in questo periodo?
Sto scrivendo un romanzo a quattro mani con un amico argentino. Ci stiamo divertendo molto e spero di vederlo presto pubblicato.

Ha mai sognato il personaggio di una delle sue storie dopo averlo inventato?
Mi è capitato di non sapere che svolta dare a un storia e di aver sognato il finale.

C’è qualcosa che vorrebbe lasciar detto in questa intervista?

Daniel Pennac ha ragione quando dice che il verso “leggere” non regge l’imperativo. E’ come il verbo “amare”. Ma come quando ci si innamora, nel momento in cui si scopre il piacere della lettura, la sensazione che quel libro sia stato scritto “proprio per te”, dopo non se ne può più fare a meno.

Alcuni affermano che la letteratura per i ragazzi è di serie B.

Cosa rispondere a chi la pensa così?

Mi chiedo come possibile che siamo ancora a questo punto della discussione. La vera distinzione, in letteratura, è tra libri belli e libri brutti. E’ l’unica che conta. Però non sono d’accordo con molti miei colleghi che rifiutano la definizione di “autori per ragazzi”. Io ne vado fiera, non mi sento sminuita. Riconosco alla letteratura per ragazzi una propria specificità, che passa per i temi, lo stile, la leggibilità.


 Se qualcuno, per qualsiasi motivo, volesse utilizzare anche solo in parte l’intervista presente in questo post, dovrà chiedere esplicita autorizzazione all’autore che ha fornito le risposte.





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