Cos' te ga el CINCIUT?
Capita di essere di pessimo umore, nervosi, scontrosi, rompiscatole, di giorno ma anche di notte quando non si riesce a dormire… a Trieste si dice “Cos’te ga el cinciut?”
Si dà il caso che oggi, nel caldissimo, afoso pomeriggio cittadino stavo proprio per aprire le porte a un formidabile cinciut, ma qualche momento prima di cedere al malumore ho avuto la piacevole sorpresa di trovare sulla mia strada una signora gentilissima. Mi parlava di un certo libro di fiabe e leggende triestine, non scritto in triestino, ma che raccoglie una bella infilata di storie della nostra tradizione.
In poche parole, visto il titolo, l’editore e il contenuto, ho subito telefonato alle due librerie Giunti-Demetra che abbiamo in città e provincia, per sapere se ce l’avevano.
Una cara ragazza ha persino chiesto al magazzino centrale di Firenze, ma non è più disponibile, esaurito. Edito nel 1997 è già un libro introvabile.
Allora me lo son fatta prestare e l’ho letto con bramosia spulciando “questa la so, questa non la so, questa non ce l’ho, questa sì…” e ho fotografato alcune pagine.
Le foto non sono granché però si legge.
Sul mitico Doria (dizionario) trovo che la parola è una “reliquia ladina”, e “cialciut” in friulano, significa incubo notturno. Cialciâ significa “calcare, opprimere”. Tutto torna.
Come vedete l'accento qui non viene messo, io ho scelto di seguire la scuola del Doria che scrive il triestino più puro.
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